
Lentamente continuai a fissare quelle fratture aperte dal tepore del sole nella terra madida d’acqua.
Mi chinai per guardarle da vicino, chiusi gli occhi e posai l’orecchio tra quelle fessure ed iniziai ad ascoltare.
Eri tu, giovane sposa, ci siamo rincontrati di nuovo.
Mi aspettavi nel respiro sincopato di qualche millennio,
da quando sei partita lasciando l’Egeo per posare il piede sulle rive di questa terra.
La mia terra, mentre ti accoglieva, inghiottiva la tua anima.
Raccolsi il tuo velo bianco, per renderti libera, nuda, senza vergogna, senza pudore, senza giudizio, senza radici perché tu sei
Radice.
Il tuo velo è diventato il mio cammino. Lo sto spargendo su questo lembo di mediterraneo.
Ascolto il tuo canto di riscatto.
Ci hai lasciato il tuo corpo, un corpo di donna fertile, per coltivare civiltà e nuovi frutti.
Nuovi contadini hanno scavato solchi per far scorrere la mia essenza, ci saranno nuove civiltà nuove storie e nuovi racconti.
Ed io cosa potrò fare?
Rimuoverò le zolle di terra fra le tue mani per poterci seminare le mie speranze, la mia realtà.
Infondo sono solo un contadino, un contadino che coltiva parole tra le parole,
le mie, le tue, le nostre parole.
Io sono solo come tutti.
E tu?
“Tu Ascoltati”.
Angelo Ventimiglia